I bambini del progetto P.I.T.E.R. intervistano lo chef Raffaele Medaglia

Quello di Raffaele Medaglia a Sant’Antimo non è un semplice ristorante pizzeria ma un posto dove sapori e saperi si fondono alla perfezione.
Appena si entra si respira tutto l’amore che Raffaele ha per Napoli e le sue tradizioni.
Ascoltando la sua esperienza di “chef giramondo” i bambini del progetto P.I.T.E.R hanno avuto l’opportunità di riflettere sul senso che ha la partenza dalla propria terra d’origine, sul viaggio come metafora della vita, e sul mito del rientro.
Raffaele Medaglia, infatti, ha sentito il bisogno di tornare alle origini della sua terra, dopo una carriera che lo ha portato da Milano a Dubai, da Londra a New York e Chicago, fino a Buenos Aires e a Santiago del Cile.
Perché come affermava Omero “Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia”.
Di seguito trovate l’intervista realizzata dai bambini del progetto P.I.T.E.R. che si collega al tema del viaggio come metafora della vita grazie alla testimonianza esclusiva dello chef Raffaele Medaglia.
IL PROGETTO INIZIALE:
1) PERCHE’ HAI PENSATO DI LASCIARE L’ITALIA PER TRASFERIRTI? COSA TI HA SPINTO?
R) Sono partito per cercare nuove emozioni. Io amo la cucina e amo cucinare. All’estero si fanno tante esperienze, si impara ad usare nuovi ingredienti, nuovi prodotti e nuove tecniche di cucina. Se vuoi diventare un bravo chef, l’esperienza all’estero è importantissima. Anche se in Italia abbiamo i migliori prodotti del mondo. Questa è la prima cosa che ho valutato quando ho deciso di partire.
2) QUALI ERANO I TUOI OBIETTIVI QUANDO HAI DECISO DI PARTIRE?
R) I miei obiettivi erano proprio questi: diventare uno chef molto più bravo, molto più importante e poi ritornare in Italia, nel mio paese, in Campania per fare assaggiare quello che avevo imparato all’estero ai miei clienti e ai miei amici.
3) IN BASE A COSA HAI SCELTO LA TUA PRIMA DESTINAZIONE?
R) E’ arrivata per caso, c’era l’obiettivo di andare all’estero ma lavoravo ancora in Italia. Lavoravo in un Resort importante dove alcune persone mi hanno notato e mi hanno proposto di andare all’estero con loro. Ovviamente, giunto là, ho fatto altre esperienze.
4) COME TI SEI INFORMATO SULLA META IN CUI SARESTI APPRODATO? AVEVI GIA’ CONTATTI LI’?
R) Avevo dei contatti perchè queste persone ovviamente mi hanno dato il modo di stare bene, tra virgolette.
5) QUANTO TEMPO PENSAVI DI RESTARE ALL’ESTERO?
R) Eh, non lo sapevo, perché, stando all’estero, come si dice: “L’appetito vien mangiando”. Quindi non sai quanto tempo riesci a stare. Le cose vengono giorno dopo giorno. E’ importante che quando stai all’estero inizi a capire che è un altro mondo, un altro obiettivo. Ovviamente quello che dico è che non si parte dall’Italia ed è tutto facile. Bisogna avere sempre un’istruzione sotto. Che significa un’istruzione? Noi dobbiamo imparare a rapportarci con le persone, sapere come si parla alle persone. Avere un’istruzione di base, la scuola, ad esempio, è importantissima. Io sono uno chef, ma sono laureato. Il mio papà aveva un ristorante, io andavo a scuola, poi aiutavo il mio papà, e giocavo a calcio. Riuscivo ad organizzarmi la giornata. Però questo mi ha aiutato, perchè, quando sono andato all’estero, un pochino la lingua la conoscevo. Avendo un’istruzione sapevo rapportarmi alle persone e questo mi ha aiutato a gestirmi.
IL VIAGGIO:
1)QUALI DIFFICOLTA’ HAI INCONTRATO?
R) Le lingue sono una delle difficoltà che ho incontrato. Prima conoscevo solo un po’ d’inglese. Adesso parlo l’inglese, lo spagnolo lo leggo e lo scrivo perfettamente, e un po’ di tedesco. Prima conoscevo solo l’inglese scolastico, però quel poco che conoscevo mi ha aiutato. Perché all’estero le difficoltà sono le lingue e il rapportarsi con le persone. Perché se si resta timidi per paura di sbagliare a parlare, se si ha paura anche di chiedere delle informazioni perché non si conosce la lingua, si resta soli. All’estero il rischio è proprio questo, quando non si conosce la lingua. Invece bisogna imparare a chiedere aiuto agli altri. Questo che mi ha aiutato ad andare avanti all’inizio.
2)COME SONO STATI I PRIMI MESI ALL’ESTERO?
R) Ovviamente ti manca la famiglia, gli amici, ti manca un po’ tutto del tuo paese, dell’ambiente dove hai vissuto, però ognuno deve crearsi un obiettivo. Il mio obiettivo era essere uno degli chef più bravi, o uno degli chef che riesce a far capire ai clienti gli ingredienti che usa . Anche voi dovete darvi sempre degli obiettivi e non vivere la vita alla giornata. La vita si vive alla giornata, però avendo un obiettivo. Se vi date un obiettivo, può darsi che riuscite ad avere una vita migliore.
3)QUAL E’ IL RICORDO PIU’ BELLO CHE CONSERVI DELLE TUE ESPERIENZE ALL’ESTERO?
R) I ricordi belli sono tanti perché ho tanti amici all’estero che mi chiamano, mi vogliono bene, ci sentiamo, parliamo. Il mio ricordo più bello è aver capito che, fuori dalla mia città, Napoli, c’è un altro mondo, bellissimo. Anche se la nostra città è una delle mete più belle al mondo. Però anche l’estero ti dà grandi cose.
4)SAPPIAMO CHE TU SEI STATO UN VERO GIRAMONDO. CI RACCONTI COME E’ STATO IL VIAGGIO PER ARRIVARE ALLA TUA PRIMA META ESTERA? CHE MEZZI HAI USATO PER ARRIVARCI?
R) La mia prima meta è stata Londra, ero ragazzo. Parlavo un inglese scolastico impuro. Tanti anni fa era più difficile imparare le lingue a scuola. Oggi è più facile perchè la scuola vi dà tutti gli elementi, compreso la buona volontà dei presidi e degli insegnanti per insegnarvi qualcosa. Io sono arrivato con l’aereo, mi hanno preso e portato a Londra, mi hanno fatto vedere il ristorante, mi hanno spiegato la strada che dovevo percorrere dal ristorante a casa. Io non parlavo neanche l’inglese scolastico, mi sono trovato in difficoltà, ma ho resistito, perchè o imparavo o tornavo a casa. Ho finito la mia giornata di lavoro e ho visto come fare per arrivare a casa. Lì nessuno parlava italiano. C’era in me la buona volontà di andare avanti. Di fare qualcosa di buono e di non tornare in Italia.
5)HAI FATTO UN VIAGGIO A TAPPE? OPPURE SEI SUBITO ARRIVATO A DESTINAZIONE?
R) No, sono subito arrivato a destinazione.
6)COME SONO STATI I PRIMI GIORNI IN UN PAESE NUOVO?
R) Belli ma difficili, proprio perché la mia difficoltà era la lingua. Non poter parlare, non poter comunicare con le persone. Però, con la buona volontà, noi a Napoli abbiamo una cosa bellissima: i gesti. Io mi facevo capire con i gesti dalle altre persone. La cosa più importante di tutte è l’educazione. Quando ci rivolgiamo con educazione alle persone, in qualsiasi lingua, tutti vi daranno una mano. E’ molto importante rapportarsi con educazione nel chiedere aiuto.
LA VITA NEL PAESE DI ACCOGLIENZA:
1)DURANTE IL PERIODO CHE HAI TRASCORSO LONTANO DALL’ITALIA SEI RIUSCITO A MANTENERE I RAPPORTI CON IL TUO PAESE D’ORIGINE?
R) Certamente, il mio primo obiettivo era ritornare in Italia, ritornare nel mio Paese e far conoscere, agli altri, quello che avevo imparato. Per cui ho mantenuto i rapporti con amici, parenti, altre persone. Perché, diventato un po’ famoso, altre persone volevano conoscermi e ho iniziato ad avere sempre più amici e a conoscere sempre più gente.
2)QUALI SONO STATE LE PRINCIPALI DIFFERENZE CHE HAI RISCONTRATO NELLO STILE DI VITA DEI POSTI IN CUI SEI STATO?
R) Le differenze sono tante. All’estero le persone sono istruite, vanno a scuola, sono educate, imparano. Lì si vive meglio proprio perché c’è molta educazione, rispetto ad alcune zone di Napoli. Tutto dipende dall’istruzione. Le persone si formano molto a scuola. Se all’estero ti comporti da maleducato ti cacciano via. L’istruzione si impara prima in famiglia, ma soprattutto a scuola. All’estero tutto dipende da come ti rapporti con le persone.
3)QUANDO SEI PARTITO AVEVI IN MENTE UN PROGETTO PRECISO DA REALIZZARE? COME E’ STATA LA SUA EVOLUZIONE NEL CORSO DEL TEMPO?
R) Sì avevo un obiettivo: diventare bravo. Quando diventi bravo sei notato e le cose cambiano. Sono stato al Quirinale, dove il Presidente della Repubblica mi ha premiato dandomi una croce come Cavaliere al merito del lavoro, per il lavoro svolto per me ma anche a favore degli altri. Lo Stato non è assente. In questi casi dimostra di essere presente e ti premia. Anche se lo Stato non ti premia l’importante è fare cose che ci fanno stare bene.
IL FUTURO:
1)CHE DESIDERI HAI PER IL FUTURO?
R) In parte i miei desideri si stanno avverando perché sono tornato qua. Mi piacerebbe aprire altri locali in tutto il mondo, dove i principali però stiano qui, in Italia. L’obiettivo principale è far capire ai ragazzi come voi che, nella vita, se uno vuole, ci riesce, almeno ad andare avanti. Noi ci creiamo un obiettivo, ma non vuol dire che se non arriviamo a quell’ obiettivo abbiamo fallito. Nella vita a volte ci vuole anche tanta fortuna. L’importante è che sappiamo quello che vogliamo ,e siamo coerenti con noi stessi.
2)QUANTI E QUALI SOGNI CHE AVEVI SEI RIUSCITO A REALIZZARE?
R) Quasi tutti. Il sogno nel cassetto è uno, ma quando il cassetto si apre i sogni diventano cento. Io ho realizzato quasi tutti i miei sogni, anche con l’aiuto di altre persone. Io, un po’ con la buona volontà, un po’ chiedendo aiuto, sono riuscito ad arrivare dove sono ora.
3)HAI AVUTO PROBLEMI ALL’ESTERO IN QUANTO ITALIANO?
R) No, non ho avuto problemi perché sono stato sempre una persona tranquilla, sono stato sempre rispettoso verso gli altri, ho avuto sempre tanta educazione, quindi gli altri mi hanno sempre aiutato. Ovviamente se fossi stato scostumato mi avrebbero messo in un angolo, da parte, specialmente all’estero, e io non sarei riuscito a diventare lo chef che sono oggi.
4)COSA TI HA SPINTO A TORNARE?
R) L’amore per il mio Paese, l’amore per la mia famiglia. Far conoscere alle persone e ai ragazzi come voi che una persona ce la può fare. Ci può riuscire a diventare bravo, a vincere e nella vita a fare qualcosa di buono. Ero un ragazzino come voi, volevo tutto dalla vita, poi la scuola, i genitori, gli amici, altre persone che non conoscevo mi hanno aiutato ad andare avanti.
LA CUCINA:
1)QUAL E’ IL TUO PIATTO FORTE?
R) Ne ho tanti. Amo cucinare dagli antipasti, ai primi , alla pizza. Oggi, per esempio, faccio gli scialattielli con i pomodorini gialli, un po’ di guanciale, un po’ di formaggio e un po’ di tonno.
2)QUANDO HAI COMINCIATO A FARE IL CUOCO?
R) Papà ha aperto il ristorante che io avevo dieci anni. Andavo a scuola e guardavo come lavorava mia madre, mio padre, gli altri. Poi ho incominciato ad imparare piano piano alcune cose, è un lavoro che mi piace, e piano piano l’ho portato avanti fino ad arrivare dove sono ora.
3)COME E’ VISTA LA CUCINA ITALIANA ALL’ESTERO?
R) E’ vista molto, molto bene. Siamo una delle cucine più importanti al mondo.